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| Stamattina mi sono svegliata con quest'idea sdolcinatissima in testa E niente, leggete se vi va Qui trovate il link della storia pubblicata su EFP, altrimenti potete leggerla sotto spoiler. Sehnsucht
"Ehi! Sta’ attento a dove vai, idiota!"
Un signore si china e raccoglie da terra la ventiquattrore sporca; Reiner non l'ha neanche notato. Si sta precipitando lungo le strade di una Berlino ormai spenta, pronta a coricarsi nel buio di una giornata che non aspetta a congedarsi. È tardi, sempre troppo tardi per tornare a casa, oggi più che mai. Scende le scale della metropolitana, evitando le persone con la cura di una preda in fuga, sfuggendo alle voci stizzite di quei disgraziati che non riesce a evitare.
"Ma che maniere!"
Raggiunge la banchina, dove cammina avanti e indietro, buttando lo sguardo sull'orologio a intervalli di pochi secondi. Ogni passo è scandito da un respiro intenso. L'insegna luminosa asserisce un minuto di attesa che sembra passato da un pezzo; perché i treni sono sempre in ritardo?
"Oh, andiamo!" le gambe molleggiano nervose sulla linea gialla che valica incurante della propria sicurezza, finché un vigile non si impone.
"Faccio solo il mio lavoro" lo redarguisce il tono secco, indispettito dagli occhi rivolti per aria.
E finalmente il treno arriva. Dentro, l'attesa è ancora più snervante. Sono tutti calmi, nessuno si lamenta della gente che sale e scende a ogni fermata o dei lavori in corso che hanno previsto una piccola deviazione. C’è chi parla al cellulare, chi dorme e chi scruta il nulla dal finestrino. Ma quelli più fastidiosi, gli unici che Reiner nota, sono quelli che ridono, incuranti della sua fretta. Scende a due isolati distante da casa. Con la furia di un tornado libera la sua bicicletta dal lucchetto; ah! Se solo non esistessero i ladri! E da lì in poi, tutto dipende da lui. Pedala con la foga di un matto, percorrendo strade umide, che lo buttano a terra in un paio di curve più strette. Potrebbe mai andare peggio di così? Sì. La gomma anteriore si squarcia; qualcuno ha lasciato a terra i resti di una notte di follia.
"Dannati ubriaconi!" scaraventa la bici sul marciapiede e inizia a correre. È una gara contro un tempo meschino, lento solo quando gli fa più comodo.
Ma alla fine, Reiner arriva senza tardare. Tardare poi da cosa? Sul momento, si sente un po' stupido, ma poi realizza che non ha importanza: la nostalgia non è una formula matematica. Le chiavi girano nella toppa, e come la porta si apre, Reiner lo vede subito: Bertolt sta piegando i panni in soggiorno. La TV è accesa, ma i suoi occhi puntano stupiti verso di lui.
"Reiner?" per un istante, il suo sguardo sfiora le lancette dell’orologio "Hai fatto presto... non ho ancora preparato niente per la cena".
Non ha nessuna importanza, e Reiner glielo dimostra con un abbraccio, uno dei più stretti che gli abbia mai dato.
“Mi sei mancato tanto”.
Dapprima perplesso, Bertolt sente il cuore del compagno battere forte contro il suo, e capisce ogni cosa. Le sue labbra si inarcano in un dolce sorriso e gli occhi si fanno un po’ umidi.
“Mi sei mancato tanto anche tu”.
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