|
|
| Dopo circa un paio di mesi in cui non ho scritto niente, sono finalmente riuscita a mettere insieme due righe per un'idea che mi è venuta dopo aver letto il capitolo 84. Inutile dire che se non siete al passo con le scan la storia è rovinosamente spoiler Il protagonista del racconto è Reiner, e non aggiungo altro. Trovate la storia a questo link: www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3534923&i=1Se preferite, potete leggerla anche nello spoiler qui sotto Uomini vuoti
Sulla via di ritorno verso casa, la notte è il sipario di un’esistenza che si chiude, la fine del nostro lungo arrancare sulla scia di una speranza ormai spenta. Fino a poche ore fa, mentire a te stesso era ciò che sapevi fare meglio. Come l’attore che interpreta un ruolo, sei salito sul palco della vita e hai indossato forza e coraggio. Cento volte sei morto e altrettante sei rinato, vigliacco nel fuggire il trauma dell’ultimo spettacolo. Ma ora, non c’è più niente da esibire; la sala è vuota, ormai non è rimasto nessuno. C’è solo un’ombra che sparisce all’orizzonte mentre noi ci allontaniamo, la sagoma di quelle Mura in cui abbiamo lasciato tutto. È dura perdere ogni cosa, ora lo sai anche tu. Gli stessi ricordi che una volta ci curavano, consumano la mente e logorano il corpo. E non c’è niente che faccia più male, perché il passato è l’unica certezza che abbiamo mai avuto. Non siamo mai stati capaci di immaginare il futuro, né di vivere il nostro presente. Troppo consapevoli l’uno dell’altro, siamo cresciuti nel timore di sparire. Le cose che amavamo erano la causa del nostro odio, il motivo per cui tu non piangesti allora e io non piango adesso; in quello sguardo in cui tu vedevi la vita io scorgevo l’inizio della mia fine. Dicono che la morte sia sempre accanto a noi, che ci segua in silenzio aspettando il momento giusto per cancellarci dal mondo. Per me, la morte aveva il suo aspetto. Ci strisciava accanto senza dire una parola, e al calar del giorno ci interrogava con i suoi occhi smorti, chiedendosi se avrebbe dovuto uccidere qualcuno. E così, morivo ogni sera. Lasciavo a te ogni cosa, anche le persone a me care, col timore che al mio risveglio non le avrei più ritrovate. Ed è successo: proprio come te, all’improvviso, io ho perso ogni cosa. Sono scomparso nei meandri della tua memoria, diventando un ricordo proibito di cui ti vergogni, qualcosa da dimenticare come tutti i pensieri che portano all’odio. Dovrei gioire, perché questa è quella che gli uomini chiamano giustizia. Eppure, mai come adesso sento il bisogno di saperti vivo. Ci sento appoggiati a quella cassa di legno; vedo i tuoi occhi piangere sangue, ascolto il tuo cuore spremersi nel petto e mi chiedo quanto sia importante avere ragione. Siamo stati divisi dalla certezza di essere diversi, perché diverso era l’oggetto dei nostri sentimenti. Ma ora che non abbiamo più niente da proteggere, ora che siamo di nuovo soli capisco l’importanza di appartenerci fino al giorno in cui nessuno dei due si sveglierà più. Siamo vittime di un’atroce condanna: siamo uomini vuoti, contenitori di un mondo andato in pezzi prima che potessimo viverlo sul serio. L’amore è scivolato con veemenza da mani che spacciavamo per forti per poi tormentarci, dipendenti come siamo delle sue dolci immagini. Siamo tutto quello che abbiamo. Adesso come non mai, dobbiamo stringerci a noi stessi e tornare a essere una cosa sola. Non un soldato, non un guerriero: un uomo. Edited by Stratovella - 18/9/2016, 08:54
|
| |