| Ciao ragazzi! Come alcuni di voi avranno intuito, oltre ad essere una grande fan di quest'opera, nel tempo libero (tempo libero? Cos'è, si mangia? ) mi diletto nella scrittura di storie ispirate a Bertolt ai nostri amati personaggi Di solito non amo fare troppa pubblicità ai miei scritti, perché amo i pareri spontanei e costringere qualcuno a dirmi la sua quando magari non è così interessato al tema non mi piace, e soprattutto non mi dà la stessa soddisfazione di un commento scritto col cuoVe MA C'è un ma. Questa è la mia opera più recente, e forse quella di cui, attualmente, vado più fiera. Perciò, se avrete voglia di darle uno sguardo, la lascio qui sperando che venga notata più di quanto non lo sia stata sul sito di fanfiction a cui sono iscritta (uno a caso proprio ) Il titolo è "Giovane e solo", e no: non è niente di allegro Sconsigliata a chi sia già triste di suo. L'ho scritta in un momento di tristezza, quindi questo sentimento non le manca. Grazie dell'ascolto La fanfiction è spoiler per chi ha visto solo l'anime. Segnalo che non si sa mai Per chi volesse leggerla sul sito, questo è il link alla storia. Se è considerato spam avvertitemi che lo tolgo. Giovane e solo
Voci di sottofondo rimbombano indistinte nella stanza mentre la formica consuma l'ultima briciola di pane rimasta sul tavolo. La osservi con occhi distratti, e con più attenzione pensi alla sua solitudine. La creatura non provvede ad altri che a se stessa: rumina affamata il suo pasto perché il viaggio verso casa è ancora lungo e sopravvivere è la sua priorità. Ora che ci rifletti, ti domandi come sia finita lì in cima, cosa sia venuta a cercare in un luogo tanto nefasto. Pensi sia inusuale per un essere tanto piccolo compiere simili imprese, ma poi ti ricordi che nella vita non sempre si ha la possibilità di scegliere il proprio destino.
“Bertolt?”
I tuoi occhi si concentrano, e con fatica mettono a fuoco l'immagine del piccolo animale. È buffo, se potessi fidarti appieno della tua vista giureresti che ti stia guardando.
“Bertolt!”
Con un lieve sobbalzo ti svegli dal tuo stato di trance e incontri gli occhi dell'uomo che siede alla tua sinistra; un cespuglio di capelli grigi spettinati crea un insolito contrasto con le sopracciglia scure, piegate in uno sguardo arcigno e interrogativo.
“Sei ancora tra noi?” il suo tono ha un ché di aggressivo, ma tu non ti sorprendi: ormai vi conoscete da molti anni. Sei ancora sensibile a quel tipo di atteggiamento, e un po' la sua arroganza ti ferisce, ma non gliene fai una colpa; sai bene che il cuore è sempre stato il punto più debole del tuo corpo.
Deglutisci, inumidendo le labbra secche per prepararti a parlare. Al primo tentativo, la voce è un sibilo che risale strisciando dalla tua gola; quanto tempo sei rimasto senza dire una parola?
“Scusa... mi ero imbambolato”.
“Questo lo abbiamo notato anche noi” la sua risposta giunge scorbutica “Pensavamo ti fosse venuto un attacco”.
“Jean!” seduto alla tua destra, due sedie più lontano da te, Marco interrompe la conversazione appena incalzata “Non mi sembra il caso di scherzare su queste cose” la sua affermazione è decisa, così come lo sguardo ammonitore che riesci a distinguere dietro le spesse lenti degli occhiali da vista, poggiati sul dorso raggrinzito del naso a patata.
Jean si lascia cadere sullo schienale della sua sedia, incrociando le braccia con il broncio di chi è stato ingiustamente frainteso.
“Non era affatto una battuta: è normale pensare il peggio dopo una certa età”.
“Jean ha ragione!” il panico si accende negli occhi di Connie. Ebbro di alcol, è scattato in piedi non appena ha realizzato l'argomento della discussione “Potrebbe succedere da un momento all'altro, e a uno qualsiasi di noi!”
Abbassi la testa, e i tuoi occhi ricadono sulla pinta di birra ormai calda, avvolta nella debole presa delle tue mani. La pelle ruvida racconta storie di un lungo passato, lo stesso che puoi sentire sulla superficie dura dei calli che ricoprono le tue lunghe dita. Premi appena i polpastrelli sul boccale di vetro e ti diverti a scoprire dove il tatto è meno sensibile; le parole di Jean hanno incupito gli animi dei presenti, ma per qualche strano motivo tu sei tutt'altro che triste.
“Avanti ragazzi, adesso non scadiamo in argomenti luttuosi” dal candore dell'ispida barba, Reiner prende la parola. Siede a capotavola, direttamente di fronte a te; ha le braccia conserte e il capo chino, ma vede e sente ogni cosa nell'attesa di rassicurare i compagni “C'è chi se n'è andato molto prima: portiamo rispetto agli amici che non siedono più a questo tavolo”.
Il silezio dilaga. Parte dei presenti è persa nel ricordo di chi è scomparso, volti che tu non hai tempo di richiamare, così come sei, impegnato nel conoscere appieno ogni cicatrice del tuo corpo.
“Sagge parole, Reiner” Marco alza il suo boccale e sorride “Propongo un brindisi alla memoria dei nostri compagni; a quelli caduti in battaglia molti anni fa e a coloro che ci hanno lasciato in tempi più recenti”.
Alzi lo sguardo e vedi che tutti stringono il proprio bicchiere, pronti a levarlo verso l'alto in ricordo degli amici scomparsi. È una scena che richiama qualcosa di forte dentro di te, ti colpisce nel tuo punto più debole annullando ogni altro pensiero. Dimentichi tutto quello che stavi facendo, e con un sorriso ti unisci alla celebrazione. Sollevi la tua bevanda ancora piena dal giro precedente e ti prepari a brindare.
“Ai nostri amici!” Marco comincia, e poi tutti lo imitate con gioia.
“Ai nostri amici!”
I calici si scontrano e producono un suono che riecheggia melodioso fra le pareti di legno della locanda. I muscoli del tuo viso sono contratti, perché da quando avete brindato non hai più smesso di sorridere. Hai gli occhi vagamente languidi mentre in silenzio inauguri l'amara bevanda, sorseggiandola a piccole dosi nel timore di esagerare; non vuoi in alcun modo rovinare quel meraviglioso momento.
“Ouch!” senti un lamento alla tua sinistra: è Jean che, a differenza di te, non ha esitato a compiere uno slancio fin troppo audace “Maledetta schiena!”
Risate contenute animano la scena, riequilibrando gli animi afflitti dai numerosi lutti.
“Vacci piano, Jean: non hai più sedici anni” ancora, Marco lo ammonisce, questa volta con tono più gentile.
“Non è che ho la schiena debole, ho solo fatto un movimento inavvertito col braccio!”
Sussultando appena con la testa, sospiri una risata timida e silenziosa; Jean ha la pessima abitudine di non ammettere mai quando gli altri hanno ragione, e il modo che ha di difendere il proprio orgoglio è uno degli aspetti che crea più ilarità nel vostro gruppo di amici.
“Andiamo, ammettilo una volta tanto: la verità è che non vuoi accettare il fatto di essere vecchio”.
Non presti neanche attenzione a chi abbia detto quella frase: il suo contenuto è tanto forte che ti cattura completamente e ti immerge in un mondo dove non vedi più niente. Ascolti, e basta.
“Non è così!” sbatte i pugni sul tavolo, Jean; senti il tonfo di quel gesto vibrare nelle tue braccia “E anche se fosse, non ci troverei niente di strano...”
Il silenzio torna a regnare mentre l'ultimo ad aver parlato si calma, adagiandosi ancora allo schienale della propria sedia “Insomma, chi mai non si preoccuperebbe nemmeno un po'? In fondo... non si è mai veramente pronti di fronte alla morte”.
“Non sono d'accordo”.
Ancora, l'atmosfera si fa priva di qualsivoglia rumore. Alzi lo sguardo, interrogandoti sul perché di quel nuovo silenzio, e ti accorgi che gli occhi dei presenti sono rivolti proprio verso di te. In un attimo, capisci quanto è successo: la tua opinione è balzata fuori dalle tue labbra prima ancora che potessi pensarla. Hai lasciato al cuore il compito di intervenire, e ora tutti si chiedono se esista una spiegazione dietro alle tue parole. Ce l'hai la risposta, la senti premere alla base della gola nella voglia di mostrarsi in tutta la sua sincera onestà. Non le impedisci di uscire, perché in fondo anche tu sei curioso di sapere il motivo per cui ti senti in quel modo: anche tu sei curioso di conoscere veramente la parte più profonda e umana di te.
“Se succedesse adesso, mi andrebbe bene” parli, eppure hai ancora la sensazione di stare ascoltando quello che dici “Sono soddisfatto di quello che ho avuto: non posso davvero chiedere altro alla vita, va bene così”.
Le facce dei tuoi compagni sono appese; Reiner è l'unico a non stupirsi della tua rivelazione. Ti guarda con gli occhi illuminati di orgoglio, come se avessi appena ammesso qualcosa che lui già sapeva da tempo.
“Wow! Caspita, Bertolt...” per la prima volta, Connie sembra guardarti con ammirazione “Sei davvero un romanticone! Adesso capisco come hai fatto a scaldare un cuore gelido come quello di Annie”.
Subito, la tua espressione si fa assente, e tu neanche te ne accorgi. Nella tua mente, i pensieri dipingono l'immagine di tua moglie, anche lei scomparsa in tempi recenti. Se ne è andata prima di te, ma la consapevolezza di questo non ti rattrista: in fondo al cuore sai che se fossi stato tu il primo ad abbandonarla, lei non avrebbe avuto altre persone a cui appoggiarsi.
“Complimenti Connie, guarda cosa hai fatto!” Jean non perde l'occasione per rimbrottare l'amico; così, non sarà l'unico ad essere stato sgridato “L'hai rattristato di nuovo, una volta tanto che si era deciso a dire qualcosa di interessante!”
“N-no... no” schiarisci la voce e cerchi di far capire a tutti che quella tua rivelazione non era rivolta solo a te stesso “Non ho motivo di rimpiangerla: anche lei era felice, lo so di per certo”.
Gli animi si placano, e poco dopo, è Marco a riprendere la parola.
“Be', ragazzi miei: mi sembra giunto il momento di brindare a qualcosa di davvero speciale” si leva in piedi con l'aiuto del bastone, alzando di nuovo il calice per esclamare con più decisione: “All'Amore, che è eterno e non invecchia”.
“Ahah, mi piace!” Jean lo imita, e nel frangente in cui si alza puoi riconoscere nelle rughe del suo viso i segni di un'amara delusione “All'Amore!”
“... che è eterno e non invecchia!” lo seguite, tutti insieme, al rombo di sottofondo del vostro brindisi, un suono che ti giunge come la melodia più dolce che tu abbia mai ascoltato.
Socchiudi gli occhi, e portando il calice alle labbra, ti abbandoni alla tua libertà. Sorseggi la tua bevanda, finché il suo sapore non ti giunge acre e ferroso.
“... Bertolt?” Jean ha una nota di seria apprensione nel tono “Che ti succede?”
Lo guardi, e come i tuoi occhi fissano i suoi, il sapore che hai sentito poco fa risale lungo la trachea e fuoriesce dalle tue labbra, colando vermiglio dal mento. Vorresti rispondergli che non lo sai, ma il sangue ti ottura la gola e non hai più spazio nemmeno per respirare. Cominci a tossire nel tentativo di prendere aria, perché in fondo al tuo debole cuore sai di non essere pronto: sai che tutto quello che hai intorno non è la realtà, e che fuori, dove il tuo corpo è un tutt'uno con quello del tuo Titano, sei stato colpito. Morirai giovane e solo, è questo il destino che non hai potuto scegliere. È amaro, è ingiusto, ma è quello che ti spetta. Non puoi cambiare quello che sei, non in questa vita: non con queste persone.
Cadi di peso sulla tua sedia, mentre gli amici che sognavi ti circondano e si prendono cura di te. Non sanno il male che gli hai fatto, e per questo dai tuoi occhi grondano lacrime di profondo rammarico. Senti le loro dita chiudersi sulle tue braccia per sorreggere il tuo corpo debole e stanco; Jean si premura di non farti cadere, Connie stringe la tua mano e Marco tampona il tuo mento sporco di sangue. Reiner è ancora seduto all'altra estremità del tavolo. Ha l'aspetto dei suoi sedici anni e ti guarda morire nell'attesa che tu lo raggiunga. Deglutisci, e come i tuoi occhi si chiudono ancora, ti addormenti nel calore dell'amore a cui avevi brindato. Edited by Stratovella - 30/4/2016, 16:41
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