Cassilda* |
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| Rispolvero questa discussione per parlare di un argomento che, oltre che farmi rattristare, sfida la mia capacità di comprensione. Parlo dei social network. (So che è un po' come sparare sulla Croce Rossa, ma tant'è.)
Li ho sempre frequentati pochissimo, e ancora meno da quando, un po' di tempo fa, incappai in una persona con evidenti problemi mentali. Non scendo nei dettagli, ma fu un incubo.
Adesso uso Facebook solo per seguire un paio di gruppi e di pagine, ma non pubblico né condivido niente, e non uso gli altri social.
Quello che mi rattrista è la logica (se così si può chiamare) nell'uso che tanti ne fanno: cioè il trasformare la propria intera vita in carne da social. Il terrore che qualche aspetto dell'esistenza passi inosservato e non attiri like. Secondo questa logica, la privacy è un'eresia, e non c'è niente che non sia spendibile e da gettare in pasto ai cannibali. Nemmeno il dolore, o la malattia.
So bene che la paura dell'insignificanza non nasce con Facebook, ma ho l'impressione che negli ultimi anni, con l'esplosione dei social, questo fenomeno si sia amplificato fino a raggiungere dimensioni mostruose.
Per il mio modo di vedere, è una forma di pornografia, molto peggiore di quella vera: vendere la propria vita come fosse un barattolo di pelati, in cambio di cosa? Di un like? Del riconoscimento del proprio esistere? Dell'appagamento della propria fame di "Guardami!"?
Chiedo scusa per lo sfogo: l'astinenza da nicotina galoppa.😞
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