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| CITAZIONE (Sakanade @ 15/4/2016, 17:00) È proprio questo che rende invitante l'evasione. Nessuno ci cadrebbe se non fosse più appagante della realtà. Il problema è che la realtà è esattamente il posto in cui viviamo, o meglio, lo società è il posto in cui viviamo. La maggior parte degli hikikomori vive nella propria camera e viene mantenuta da genitori anziani che diventeranno sempre più anziani e, prima o poi, moriranno. A quel punto che ne sarà degli hikikomori, talmente disabituati alla vita concreta da non poter sopravvivere da soli? Gli otaku per lo meno escono di casa, ma resta comunque il limite che le loro vite siano monodimensionali: esistono in funzione di un'ossessione (bada bene, mi sto riferendo agli otaku veri, non a gente molto appassionata. Fra ossesso ed appassionato il confine esiste). Che ne sarà di loro se non troveranno impiego nel settore del fumettovideogiocolight novel...(aggiungere ossessione)? È sicuramente bellissimo chiudere le porte a tutto ciò che fa male, il principio è lo stesso sia per chi si droga di antidolorifici che per chi si perde nelle fantasie. L'obiettivo è sempre anestetizzare un malessere, di qualunque forma e natura, ma a lungo andare la cura può diventare più dannosa del dolore stesso. Rifiutare di soffrire significa rifiutare di vivere. Per quanto possa essere meravigliosamente rinfrancante annebbiarsi la mente, alla lunga lascia vuoti. Un giorno ti svegli e ti rendi conto che la tua waifu è solo un mucchio di pixel, hai 50 anni e neppure il tuo cane vuole starti vicino. Non lo so, probabilmente si deve sperare che il risveglio arrivi il più tardi possibile. è vero, ma allora qual è l'alternativa? Non mi riferisco alle persone che evadono nel mondo anime perchè magari sono solo timide e non riescono a socializzare, ma a chi vive dei disagi veri e della situazioni di sofferenza profonda. Se la vita reale fa schifo e quella virtuale alla fine ti lascia vuoto, uno cosa dovrebbe fare?
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