| CITAZIONE (berthy @ 14/4/2016, 23:39) evviva l'europa ma non è incoerenza, è solo controintuitivo tutte quelle persone sono alienate, è un rischio che si corre quando si sposta il contro dell'erotismo su qualcosa di diverso dall'atto pratico, si corre questo rischio anche coi video porno alla lunga ci si abitua a quel tipo di sensazione e si perde contatto con la sensazione della conoscenza in senso biblico normalmente coi video porno è un problema più maschile, e si riduce semplicemente in meno rapporti e meno soddisfacenti, ma per i giappi è diverso gli hentai e le perversioni sessuali dirette non sono l'unico rischio che corre uno di loro, ci sono anche gli attaccamenti assurdi a personaggi immaginari ed il fenomeno delle waifu, l'otaku è costantemente in fuga dalla realtà e alla ricerca di qualcosa di virutale, è normale che perda interesse per le cose da cui fugge. ne parlavo proprio qualche giorno fa con sakanade, la relatà virtuale peggiorerà nettamente questa situazione (sta già cominciando a dire il vero) per la rule 34 mi aspettavo che avrebbero applicato presto l'oculus rift al mondo del porno, ma i giappi son andati oltre, esiste un macchinario per ora solo per maschietti che è in grado di compiere l'atto di auto intrattenimento al posto del maschietto, tramite l'uso di un apposito controller a tubo da piazzare non ti dico dove; collega il tutto al gioco erotico di turno e metti il visore per la realtà virtuale e addio necessità del mondo reale. l'alienazione peggiorerà ancora. chiunque spenda un po' di tempo su internet o con apparecchi elettronici è un po' alienato dalla realtà, ma in giappone non hanno il senso della misura Io e Berthy siamo, rispettivamente, waifu ed husbando visto che ci conosciamo solo virtualmente, but soon... 😏 Comunque quoto tutta la discussione. I giapponesi soffrono di una terribile carenza affettiva, dovuta essenzialmente ai ritmi frenetici che sono costretti a condurre per soddisfare le aspettative sociali. La maggior parte di loro inizia al lavorare già al liceo per pagarsi la retta, visto che l'istruzione pubblica è come se non esistesse. Frequentando un istituto superiore di bassa lega o addirittura pubblico le speranze di accedere ad una buona università sono irrisorie, anzi alcuni collegi non accettano proprio domande provenienti da determinate scuole. Le famiglie sono, quindi, forzate a lavorare disumanamente per pagare le scuole private ai figli, quando non sono loro stessi, come accennavo prima, ad intraprendere lavoretti part-time per alleggerire le spese. Lì è o bere o affogare: se vieni bocciato praticamente ti tocca cambiare scuola per superare l'onta (ci sono persone che si suicidano addirittura a causa della vergogna) e stessa cosa vale per i licenziamenti. Chi non studia\lavora è considerato un parassita, ma non basta neppure frequentare una buona scuola ed avere un posto fisso per stare in pace. I livelli di competitività estrema forzano le persone a spingersi ben oltre i loro limiti fisici e mentali, al punto che il tempo per le relazioni umane finisce con l'essere totalmente assorbito da altro. Da questo calderone di frustrazioni e mancanze è nata la controcultura otaku che effettivamente ha un rilevante valore sociale, non si tratta solo di gente fissata con fumetti, anime e videogame. Gli otaku e gli hikikomori sono figli del loro tempo, rappresentano l'unica forma di anarchia possibile in un sistema ancora tradizionalista ed estremamente rigido come il Giappone. Per carità, non sto cercando di gettare fango su una cultura millenaria che, tra l'altro, non mi appartiene. Le mie considerazioni prendono solo atto di ciò che chiunque potrebbe leggere\osservare documentandosi un pochino sul Giappone moderno. Molti storici, sociologi e letterati del luogo disprezzano gli otaku, mentre altri tentano di comprenderne ed analizzarne la realtà senza pregiudizio. La nuova pop art Giapponese, ad esempio, a me piace molto ed è stata principalmente guidata da artisti come Takashi Murakami che hanno abbracciato alcune istanze della cultura otaku riconoscendo ad essa un valore artistico oltre che sociale. Da un lato l'aspetto di rottura contro degli schemi percepiti come opprimenti mi affascina, dall'altro però mi rendo conto che non sia questo il modo più sano di ribellarsi. Fuggire in un mondo di fantasia è personalmente gratificante, ognuno di noi sente il bisogno di farlo di tanto in tanto, ma è proprio il piacere scaturito dell'evasione a generare, alla lunga, dipendenza. Tutto ciò che stimola i centri del piacere può trasformarsi in ossessione e mania. Molto spesso sento da varie persone commenti del tipo "i Giapponesi sono tutti malati erotomani, pedofili e maniaci". Beh, secondo me il problema principale è soltanto che loro indulgono troppo spesso in quelle fantasie oscure che tutti gli uomini (intendo uomini come specie) posseggono, diventandone schiavi e non facendosi problemi a pubblicizzarle con vari media (hentai, novels, realtà virtuale ecc..). Ricordiamoci che Lolita non lo scrisse un giapponese.
|